laboratorio donnae

gareggiare alla pari o vittoria garantita?


Claudia in Piazza Farnese

– di Pina Nuzzo –

Mi lasciano perplessa, in questi giorni in cui si discute la nuova legge elettorale,  gli appelli per la Democrazia Paritaria e non nascondo un certo fastidio verso la rappresentazione delle donne dei partiti come bisognose del sostegno di un movimento politico di donne. Danno l’impressione che siano loro le prime a non darsi credito.

Ma, sensazioni a parte, mi fa fatica prendere la parola sull’argomento, significa andare oltre gli slogan. Così, faccio un passo indietro, ancora una volta, scusandomi se sono ripetitiva.

2007: all’interno della Campagna 50E50… ovunque si decide! fu avviata  una raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare: Norme di Democrazia paritaria nelle Assemblee elettive. Quella proposta di legge di soli 5 articoli contiene pochi e fondamentali principi:

 Nelle candidature in liste o gruppi (ART.3), l’attuazione dell’art. 51 Cost. si avrà mediante la previsione di composizioni delle liste con un numero pari a metà uomini e metà donne, in posizione alternata per sesso e con la previsione dello scarto di una sola unità numerica, nel caso di un totale di candidature dispari.

Nelle candidature in collegi uninominali, si è tenuto conto dell’ambito circoscrizionale: in ogni circoscrizione, l’attuazione dell’art. 51 Cost. si avrà attraverso il calcolo sulla totalità delle candidature presenti per ogni Partito o coalizione di Partiti recanti lo stesso contrassegno. Anche in questo caso, se il totale è dispari, lo scarto può essere di una sola unità numerica. (ART.4)

La sanzione prevista per il mancato rispetto della norma sarà, nel primo caso, l’irricevibilità delle liste o gruppi (art.3) e, nel secondo, la mancata ammissione alla competizione elettorale in quella circoscrizione del Partito o coalizione di Partiti che non l’avranno rispettata (art.4). LEGGI TUTTO

Quella proposta di legge non chiede per legge un risultato numerico, ma di garantire, a chi vuole partecipare alla politica, la possibilità di farlo in condizioni di parità;  il resto dipende dalla scelta degli elettori, delle elettrici. Non chiede d’ufficio il 50%, perché anche queste sarebbero quote!

Chiede che le donne possano gareggiare alla pari, non che sia loro garantita la vittoria. Inoltre quella Campagna e quella proposta di legge non hanno mai inteso la presenza delle donne nei luoghi decisionali, come una rappresentanza di genere. Le donne elette, come gli uomini eletti, rappresentano tutti/e.

Oggi, a distanza di qualche anno, tutto questo parlare di Democrazia Paritaria sembra fare da schermo ad un’altra idea di Democrazia Paritaria; quella per cui le donne debbano essere elette al 50% per legge e magari anche rappresentare le donne. Alcune, legittimamente, lo pensano, però non lo dicono chiaramente, non lo rivendicano, non lo argomentano. Peccato, perché consentirebbe una discussione nel merito.

Intanto per quel che mi riguarda dico: non voto una donna in quanto tale, la voto perché rappresenta meglio di un uomo, le ragioni della politica in cui mi riconosco di più; non condivido la doppia preferenza perché presuppone che una donna da sola non possa farcela, non sia adeguata.

E dico anche: se le donne dei partiti avessero più coraggio, più visione politica, saprebbero fare fronte alle tattiche di partito e alla paura di dover cedere il passo. Si guarderebbero intorno, saprebbero cosa dire. Allora sarebbero viste, riconosciute, apprezzate e votate da donne e da uomini.

10 commenti su “gareggiare alla pari o vittoria garantita?

  1. paolam
    5 febbraio 2014

    Penso che il 50 e 50 nelle candidature sarebbe perfetto in un sistema elettorale che permettesse di scegliere veramente tra un numero sufficientemente ampio di candidature. Ma oggi non è così. Il principio è giusto, ma è calato in una strettoia che lo rende una nomina. Di chi detiene un potere di farla.

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    • laboratorio donnae
      8 febbraio 2014

      Cara Paola, la strettoia è reale, eppure penso che si possano trovare forme diverse, altre, per farsi sentire. Anche da parte delle donne dei partiti. Ciao, Pina

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  2. Cinzia Romano
    7 febbraio 2014

    Cara Pina, il titolo che hai dato alla tua riflessione è perfetto. Giustissimo gareggiare alla pari e non pretendere la vittoria garantita. Ma la legge che si sta discutendo, così com’è, prevede una falsa gara alla pari (50e50 pena esclusione delle liste) ma una sconfitta garantita solo per le donne. Se le liste, anche se corte, sono bloccate, e non alternate un uomo e una donna e viceversa, ma si prevede nelle circoscrizioni che l’alternanza arriva dopo due candidati dello stesso genere, credo che i due dello stesso genere saranno uomini e le donne non saranno elette. Quindi chi, come me sta facendo questa battaglia per modificare la legge e prevedere l’alternanza uno a una nelle circoscrizione e 50e50 anche per i capilista, vuole solo evitare la vittoria garantita agli uomini. E pretende che la legge mantenga un minimo di coerenza tra ciò che prevede nelle liste, ossia parità nelle listee ciò che invece afferma per le circoscrizioni elettori. Chi sarà eletto, maschio o femmina, non vincerà per merito come negli scrontri nei collegi uninominali o con le preferenze, ma per il posto in lista che il suo partito gli assegnerà. E spero che concorderai con me, i partiti tutti non sono una palestra di democrazia e partecipazione. Men che meno di democrazia paritaria

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    • laboratorio donnae
      7 febbraio 2014

      Cara Cinzia, apprezzo il lavoro che fai. Apprezzo le tue parole sempre misurate e chiare.
      In questi giorni però ho ascoltato video e letto dichiarazioni in cui si sostiene tutto e il contrario di tutto. Ma a parte questo e a parte i limiti della legge che sono chiari anche a me, il problema di fondo è rappresentato dai partiti e dalla loro democrazia interna. A suo tempo, molte di noi hanno espresso apprezzamento – e votato – quei candidati a sindaco che si sono impegnati per una giunta 50E50; seguirò lo stesso criterio per le politiche: voterò per quel partito che avrà liste concretamente rispettose della rappresentanza paritaria. O non voterò. Non credo di essere la sola a pensarla in questo modo.
      Non tutte le questioni si risolvono legiferando, più spesso è la capacità di coinvolgere l’opinione pubblica a fare la differenza. Anche in questo caso, secondo me. Un caro saluto, Pina

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  3. Politica femminile
    8 febbraio 2014

    sulle “quote” – e parlando più in generale, carissime tutte, qui un’intervista che può far riflettere chi le ritiene (come dice il cartello nell’immagine in questo post) “non dignitose né rispettose”. Ci sono ragioni da vendere per ritenerle invece rispettose, dignitose e soprattutto necessarie. Prima di essere definitive riflettiamo bene anche in base all’esperienza di chi ai vertici ci sta, essendo donna (e nienteaffatto, ahimé, “femminista”) > http://www.retedelledonne.org/news/retedellereti-info/9458-come-si-sbarra-la-strada-alle-donne-nella-strada-verso-i-vertici

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    • laboratorio donnae
      8 febbraio 2014

      La politica delle quote ha i suoi pro e i suoi contro, basta non chiamarla Democrazia Paritaria. Nel nostro paese in tanti anni non ha prodotto grandi risultati, anzi. E comunque sono sempre più convinta che il problema sia la volontà politica. Non c’è mai stata in questo paese nessuna legge che vieti ai partiti di mettere in lista più donne, se non lo hanno fatto, è perchè su questo terreno sono TUTTI UGUALMENTE MASCHILISTI.
      Se continueranno su questa strada, alle prossime elezioni, a prescindere dalla legge che verrà decisa, ho deciso che sulla mia scheda elettorale scriverò: NO DONNE, NO VOTO
      Pina Nuzzo

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  4. Politica femminile
    8 febbraio 2014

    PS – sul tema delle quote rosa, più che l’articolo citato nel mio commento precedente, vi sottopongo l’intervista a Reichlin.. va ascoltata; la trovate qui: https://www.youtube.com/watch?v=9EYnyPJ4AxI

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  5. giusi ambrosio
    9 febbraio 2014

    Cara Pina e care tutte, anche per me non risulta facile avere una posizione univoca sul problema della democrazia paritaria e su cosa possa riuscire non solo a definirla ma realizzarla mediante il sistema elettorale. Innanzi tutto trovo opportuno distinguere tra Genere della rappresentanza e Rappresentanza di genere. E immediatamente sorge una prima differenza: i maschi-tutti o quasi- coniugano, nel loro essere candidati e eletti, Genere della rappresentanza( essere maschi) e Rappresentanza di genere ( valori modalità interessi visioni del mondo decisamente maschili anche se non necessariamente maschiliste). Per le donne il problema è sempre più complesso e come sappiamo il genere nelle singole individualità non significa necessariamente coscienza e espressione di tale appartenenza. Molto spesso accade che riescano a farsi strada in politica quante riescono ad assumere modalità comportamenti simili a quelli maschili o comunque non sgraditi allo sguardo e alla valutazione maschile.Ancora altro dato da evidenziare è quello relativo alla scarsa propensione da parte delle donne in generale a riconoscere o|e a conferire valore a un’altra donna. Rimando a quanto avvenuto nelle penultime primarie PD quando al primo turno era candidata Laura Puppato. Le votanti non erano un insieme confuso e inconsapevole di persone eppure o proprio per questo hanno evidenziato la similitudine presunta e la vicinanza reale ai candidati maschi. La cosa mi ha molto colpito e mi induce a credere che oggi essere sostenute dal movimento delle donne sia una richiesta molto limitata e limitativa. Comunque dal mio personale punto di vista il 50|50 con gli articoli che la esplicitano vedi art.3, credo sia un riferimento molto chiaro e fa bene Pina a ricordarlo.
    Come remota proposta di democrazia paritaria, mi piace citare che ai primordi quando la garanzia del diritto di voto alle donne pose interrogativi su come definirne le forme, all’interno del P.C.I. vi fu una proposta avanzata da Luigi Longo( ma respinta in direzione) di procedere alla compilazione di due liste elettorali separate, una maschile e una femminile, e prevedere l’espressione di voto su una lista in base al genere di appartenenza,maschile o femminile. Con i limiti che ogni proposta contiene, forse aveva molte cose da dire.
    Comunque oggi vadano le cose, si formino liste, si stabiliscano norme e modalità di voto Mi auguro che le elette siano tantissime. Un caro saluto Giusi

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  6. Valentina
    17 febbraio 2014

    La questione della riforma della legge elettorale ci pone di fronte ad una sfida che dobbiamo cogliere se vogliamo segnare, ancora una volta, la differenza.
    “No donne, no voto” è un assunto ormai imprescindibile dal quale dobbiamo partire però per richiedere di più.
    Nessuna di noi che abbia militato nel movimento femminista può far finta di non vedere la sperequazione e l’ingiustizia di una proposta che mette al palo i piccoli partiti e che costringe ad accettare listini bloccati forgiati ad immagine e somiglianza di quei pochi che nei partiti hanno potere.
    Non può sembrarci secondario che la riforma non includa “i più piccoli”, che ribadisca concetti di appartenenza nei quali, molto facilmente, troveranno posto solo le donne cooptate.
    Se dico “No donne, no voto”, dico anche abbassamento della soglia di sbarramento e possibilità di esprimere preferenze.
    Mi ha messo in forte difficoltà la proposta di emendamenti proposta, fra le altre, da Mara Carocci, deputata genovese.
    In una elaborazione bipartisan donne del PD e dell’ex PDL hanno firmato alcune modifiche che richiedono il bilanciamento di genere nella composizione delle liste, quindi dell’accesso alla possibilità di essere votate ed elette.
    La cosa mi sembra buona, ma non tocca le altre due questioni che, a mio avviso, non possono essere distinte da una rivendicazione di genere.
    Non possiamo esserci in una legge che – seppur includendoci – limita l’espressione popolare.
    Per cui io voterò con quel Paese che ha scelto l’inclusione e la libertà di scelta.
    Diversamente, donne o non donne, non voterò. Perché questa legge, così com’è, non la ritengo una riforma per nessuno. Per noi donne men che meno.

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    • laboratorio donnae
      17 febbraio 2014

      Cara Valentina il mio problema come femminista è che alle donne sia data l’opportunità di gareggiare alla pari. Per questa opportunità ci siamo anche spese nei modi che sai. Ma, come ho ripetuto tante volte, nessuno vieta ai partiti di fare liste con tante donne, non dico con tutte donne perché subito scatterebbero le pari opportunità per i gli uomini. Allora il problema è il maschilismo dei partiti e i rapporti di potere, ma anche una certa mistificazione delle donne presenti nei partiti che non amano una reale competizione ( sui contenuti, nel merito delle cose) con altre e con gli uomini.
      Le azioni che le donne dei partiti promuovono in questa fase tendono, come già in passato, a consolidare le posizioni conquistate. Questo, secondo me, prescinde perfino dalle liste bloccate, perché se una ha un pacchetto di voti, ha potere contrattuale. Per questo, a sinistra, alcune si autopromuovono a rappresentanti del femminismo, millantando un credito – e voti – che non hanno. Ai segretari di partito tutto questo va bene perché hanno bisogno del “fiorellino femminista”. Quindi spero ( credo) che venga avanti una generazione di donne che sappia battersi senza bisogno di appelli e sostegni femministi.
      Altre questioni che tu poni riguardano la concezione che ognuna di noi ha della politica e qui mi fermo.
      Un abbraccio, Pina

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