laboratorio donnae

il bisogno/desiderio di diventare genitori

anna gillespiedi Pina Nuzzo, 29 luglio 2014

Facendo zapping, in un pomeriggio estivo, mi sono fermata su Rai 2, catturata da un programma già iniziato. Una coppia di gay italiani si raccontava, uno dei due ha detto che la loro vita è “banale”, come tante altre vite di coppia in cui ci sono anche dei figli, tre per la precisione, avuti con la “gestazione per altri”. Il loro tempo si divide tra “pannolini, biberon, casa lavoro…”

La giornalista e i due uomini non hanno aggiunto una parola – un commento – su la “gestazione per altri”, mentre si sono dilungati  sul matrimonio contratto in Canada e sui differenti diritti rispetto ai figli. In Canada sono entrambi genitori dei tre bambini, di cui due gemelli; in Italia uno è genitore di uno, l’altro è genitore dei gemelli. Non mi addentro su questioni giuridiche, ma a me pare evidente come, anche per i gay,  il problema sia avere un potere sulla maternità. Anche a costo di affittare un utero, anche a costo di comprare il tempo della gestazione e il parto a cui si vuole presenziare.

Il bisogno/desiderio di diventare genitori si può realizzare in altri modi,  con l’adozione per esempio. Infatti  tra i diritti delle coppie omosessuali – o di fatto – includo la possibilità di adottare bambini. Il procreare invece richiede ancora il corpo di una donna e con questo dobbiamo farci i conti tutte/i.  Non solo sul piano giuridico. Non è una questione democratica, laica o religiosa;  non è di destra, non è  di sinistra. Riguarda il posto che le donne e il corpo generativo hanno nella convivenza umana e civile. Quello che noi donne vogliamo avere.

 

 

 

immagine, opera di Anna Gillespie

4 commenti su “il bisogno/desiderio di diventare genitori

  1. paolam
    27 ottobre 2015

    Che dire? Tante donne&femministe hanno già detto tanto, anche su questo blog ci siamo già espresse in diverse. Grazie per aver ripubblicato. Da parte mia, aggiungo che mi sembra l’ennesima manifestazione di delirio di onnipotenza maschile: del resto, che i figli nascessero sotto i cavoli, anzi, che si potesse andare a comprarli al mercato in cambio di denaro, e fosse cancellata l’esistenza delle donne, è stato un antico desiderio maschiocratico, ratificato dalla poesia giambica della Grecia del VII-Vi secolo a.C. Delirio di onnipotenza dal quale non sono immuni gli uomini contemporanei. né etero, né gay.
    Linkomi:https://www.facebook.com/notes/paola-mazzei/corpi-di-servizio/806422612709282

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  2. laboratorio donnae
    27 ottobre 2015

    E’ vero cara Paola, ne parliamo da tempo, per questo ho pubblicato la nota mantenendo la data. Non si tratta di stabilire primati, ma di capire perché il dibattito tra donne, almeno tra quelle che dicono di essere in relazione. Ho l’impressione che sotto i colori dell’arcobaleno le parole delle donne sono sbiadite.
    Pubblico la tua nota, quella a cui ti riferisci con il link perché non tutte le donne che seguono il blog sono su Facebook, cari saluti, Pina Nuzzo

    NOTA DI PAOLA MAZZEI:

    Corpi di servizio

    7 luglio 2014 alle ore 12:57

    Corpi di servizio/risposta ad Amedeo (che già la sa)
    Per incominciare metto il link ad una discussione svoltasi qualche tempo fa, sul tema “madre surrogata”: https://laboratoriodonnae.wordpress.com/2012/08/28/nel-merito-e-senza-pregiudizi/.
    Nel testo e nei commenti ci sono anche le mie opinioni. Come vedete, il tema non è affrontato dal punto di vista proposto dall’articolo in questione de FQ, che è limitato all’ambito “coppia omosessuale maschile che si serve di madre surrogata”. E non lo è perché, di fatto, il tema è molto più ampio, e riguarda indistintamente coppie “etero” (formate da una donna e da un uomo) e coppie “omo” (di solito, e per ovvie ragioni, formate da due uomini) che, non potendo generare in altro modo, decidono di prendere un utero in affitto e cioè di servirsi della prestazione a generare offerta da una donna, che fa da incubatrice dietro compenso. La realtà è questa, ed è inutile che ci giriamo intorno. Ed è utile sapere che esiste già un fiorente mercato, tra Nord America e Asia centro-orientale, di cui usufruiscono coppie etero del mondo ricco, che trovano all’altro capo dello scambio donne molto povere del mondo povero.
    Per quanto mi riguarda, questo commercio è una delle versioni contemporanee della riduzione dei corpi delle donne a corpi di servizio, intendendo il servizio nei due aspetti che possono essere svolti da un corpo sessuato femminile: il servizio sessuale e quello generativo. E del resto, è questo il doppio compito che è sempre stato assegnato alle donne, congiunto che esso fosse in una stessa persona, anzi, in un unico corpo femminile, o disgiunto che fosse, nell’assegnazione dei due compiti distinti a due donne diverse, o a due categorie di donne allo scopo istituite.
    Anche la madre surrogata non è una novità: quando una moglie legittima non poteva generare, l’uomo poteva affidare il compito alla serva, che avrebbe generato un figlio da considerare legittimo, in quanto figlio del padre. Così Sara, in racconto del libro biblico Genesi, pensando di non potere più avere figli, convince il marito Abramo a farne uno con la serva Agar. Il tentativo ha successo, ma poiché Agar rimane a vivere nell’ambito familiare, continuando ad essere serva di Sara e di Abramo, ne consegue che Sara si infastidisce del prestigio che la sua serva sembra aver acquisito in quanto madre dell’unico figlio di Abramo e, quindi, convince il marito ad allontanarla, con il figlio al seguito. La storia prosegue, ma ci basta questo: il problema relazionale non si sarebbe posto se la coppia del Genesi avesse potuto fare come tante coppie attuali, usufruire di un utero in affitto, pagare una donna per generare un/-a figlio/-a, riscuotere il figlio all’uscita e pagare per la prestazione ottenuta.
    Detto ciò, mi limito a concludere che, da parte mia, non sento alcuna nostalgia di questa istituzione, neppure aggiornata nelle forme più “smart” del pagamento alla consegna arrivederci e grazie, rese possibili dalle odierne tecnologie e dall’etica del mercato liberista.
    Aggiungo che, quando a usufruire di questa “formula” è una coppia omosessuale maschile, il fatto dimostra come non basti essere gay per essersi liberati dai presupposti della cultura maschiocratica.
    Poiché il problema di solito non si pone per le coppie formate da due donne, dove è probabile che almeno una delle due sia in grado di generare, e ne abbia intenzione, viene sollevata l’obiezione “le coppie lesbiche sono avvantaggiate, i gay sono svantaggiati”. A questa obiezione rispondo facendo osservare che nessuno svantaggio di ordine corporeo ci dà il permesso di usare il corpo intimo di un’altra persona, pagare per la prestazione e con ciò liquidare il rapporto saldando il debito.
    Non solo, faccio osservare pure che molte coppie lesbiche i bambini o le bambine li/e adottano.
    Possono farlo anche le coppie gay, laddove è possibile adottare da parte di una coppia formata da due persone dello stesso sesso: certo, ciò non è possibile in Italia, ma in questo caso il problema è dell’Italia. L’adozione eviterebbe di ridursi ad usare un’altra persona come un’incubatrice: ma per rendersene conto bisognerebbe essere sensibili alle tematiche di genere, e non tutte le coppie lo sono, né etero, né gay.
    C’è infine un’altra opzione, che non è solo teorica, ma realmente sperimentata, immagino in non troppo casi, ma quel che conta è che per qualche persona sia la realtà: una donna e un uomo che non intendono costituire una coppia, magari perché si tratta di due persone già accoppiate con altre due dello stesso sesso, generano un/a figlio/a e lo/a crescono considerandosene genitori, pur rimanendo ciascuna/o per sé. Questa modalità, che implica la partecipazione alla vita del nuovo arrivo dell’altra persona, o delle altre due persone, componenti delle coppia, o della coppie in questione, la chiamerei genitorialità condivisa: richiede una grande consapevolezza umana, e mi piacerebbe sapere come sono andate le sperimentazioni.

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  3. laboratorio donnae
    27 ottobre 2015

    aggiungo il link al contributo di Simonetta Spinella che la stessa Paola riprende nei commenti: https://simonettaspinelli2013.wordpress.com/2015/06/06/maternita-surrogata-tra-scandali-ipocrisie-e-buonismo-a-prescindere/

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  4. giusi ambrosio
    29 ottobre 2015

    Molto bene aver riaperto una discussione che se tra molte di noi è ampiamente condivisa e stratificata, purtroppo non trova una adeguata esposizione sul piano pubblico e mi pare non venga collocata all’interno del confronto tra forze politiche e parlamentari. Dobbiamo tener presente che quanto avviene sul piano giuridico può indicare un orientamento nel pensiero e nella percezione della realtà anche per le prossime e future Generazioni umane.
    Che l’omogenitorialità maschile rappresenti il culmine dello strapotere patriarcale e la insignificanza-negazione della madre, ridotta a utero, contenitore, strumento di servizio, mi sembra veramente qualcosa di tanto negativo e ingiusto che non bastano parole per contrastarlo. Gli stessi riferimenti a esempi biblici o mitologici non sono altro che conferma di una possibilità di arretramento alla dimensione arcaica e servile in cui di frequente nei millenni passati e anche in tempi più recenti è stata tenuta la funzione di genitrice delle donne. Un potere da negare come valore in sè e quindi da sottomettere
    alla volontà e al riconoscimento maschile.
    Vorrei proporre un coordinamento di donne e associazioni femministe che
    abbiano esposizione e ascolto sulla scena pubblica, che sottraggano il confronto alle categorie strumentali di scontro laici-cattolici, sinistra- destra, progressisti- conservatori.
    Non di questo si tratta, come ben dice Pina, ma di quale senso e valore abbia la maternità. E’ una primaria definizione di genere.
    Molto caramente un abbraccio Giusi

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Questa voce è stata pubblicata il 26 ottobre 2015 da in diritti, generi, omosessualità con tag , .

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