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ottomarzo, la nostra passione

Capita un po’ a tutte, in questo giorno, di vedersi offrire le mimose. C’è chi si infastidisce, chi con un po’ di ironia, ringrazia. A qualcuna fa piacere.

In ogni caso, l’8 marzo è la nostra passione: per chi si appassiona e per chi lo patisce; per chi lo ritiene ormai superato e per chi lo vorrebbe ancora un giorno di lotta. Questa giornata, piaccia o no, è una delle poche, se non l’unica, imposta dalle donne. Conoscerne la storia, consente di collocarla nel tempo che stiamo vivendo. Prima dell’interpretazione, prima della sociologia sul ‘fenomeno’ femminismo.

E vorrei spendere qualche parola su questo prima; perché non è solo un prima storico, di chi viene prima, di ciò che è stato fatto prima. Ciò che sta prima è la politica, quale luogo simbolico, contesto in cui mettere distanza tra sé e la propria esperienza per farne parola alle altre. Politica quale desiderio/bisogno di esistere come soggetto collettivo che spinge a inventare strategie, tessere rapporti, amministrare energie.

Il prima, quindi, dà conto della politica e del pensiero delle donne anche per l’oggi, e accorcia le distanze tra noi, anche quelle generazionali, in quanto non sta ad indicare una maggiore esperienza, che pure esiste, ma la scoperta, dentro di sé, di quel desiderio originale di esistere ed avere autorevolezza come genere femminile.

“l’8 marzo è nato dalle donne, è cresciuto e si è imposto grazie alle lotte delle donne”

Questa storia, cominciata ai primi del ‘900, è arrivata sino a noi, tra alti e bassi. Ma io mi fermo, con qualche accenno, agli anni’80. Quanto è avvenuto tra gli anni ’90 e il nuovo millennio è storia che segna l’attualità dell’8 marzo. Avremo tempo, modo e luoghi per parlarne, intanto a me piace ricordare da dove vengo.

Primi del ‘900: in Europa e America, cortei e cortei di donne, ecco l’immagine archetipa dell’8 marzo: a migliaia le donne sfilano in corteo per chiedere il voto. Sono le ‘suffragette’ che preparano le loro battaglie già dalla fine dell’800.

3 Maggio 1908: è domenica mattina, a Chicago le donne socialiste organizzano il Woman’s day con vari interventi delle presenti sulla condizione della donna. Forse non fu la prima giornata della donna nella storia, ma certo è la prima di cui troviamo precisi resoconti nei giornali dell’epoca. Diventa subito prassi consolidata anche in Europa, soprattutto tra le militanti socialiste che si rivolgono alle operaie perché si battano per i loro diritti e, dal 1908, per ottenere il voto.

Agosto 1910: a Copenaghen, nel Congresso della II Internazionale Socialista, Clara Zetkin, figura di prestigio del Partito Socialista Tedesco, direttrice della rivista L’Uguaglianza, grande mediatrice politica, accoglie il progetto della delegazione americana e propone di lanciare un’unica grande giornata internazionale incentrata sul voto alle donne. Ma sulla questione del voto i socialisti sono ancora divisi: la proposta non passa.

1917: siamo a Pietrogrado, lo scenario è quello della Grande Guerra. Fame, freddo e sofferenze della guerra spingono operaie e contadine in piazza contro lo zar a chiedere pace e pane. E’ l’inizio della Rivoluzione di Febbraio: 23 Febbraio secondo il calendario Giuliano, 8 marzo per quello riformato in vigore in occidente.

1921: Mosca, alla seconda Conferenza delle donne comuniste partecipano 82 delegate da 20 paesi: le dirigenti, tra cui Clara Zetkin, adottano il 23 febbraio/8marzo come Giornata dell’operaia in ricordo della manifestazione delle operaie di Pietrogrado in cui le donne dimostrarono di essere oppresse, ma capaci di divenire protagoniste.

Quando le donne russe riuscirono a sintonizzarsi con le americane fu 8 Marzo per tutte! Da Oriente ad Occidente da allora sarà Giornata internazionale della donna.

In Italia, con la guerra ancora in corso (1944) e poi nell’immediato dopoguerra, le donne dell’Udi nella data dell’8 marzo pongono al centro i temi dei quelle prime battaglie: pace, lavoro, istruzione, parità salariale, servizi sociali, accesso a tutte le carriere. Con migliaia di volantini l’Udi cerca di aggregare donne di ogni estrazione sociale e culturale. Diffonde Noi Donne e crea il primo dei suoi simboli: la mimosa.

Per lungo tempo, e ancora oggi, in Italia si racconta un’origine della data legata ad un incendio scoppiato l’8 marzo 1910 nella Cotton a New York in cui morirono numerose camiciaie. Evento accidentale o incendio doloso? Le donne avevano a lungo scioperato ed erano state chiuse a chiave nelle stanze da lavoro, perché non scappassero, perché non rubassero…

Questa è anche la storia che, nel 1952, l’Udi di Bologna fece stampare in un libricino a caratteri microscopici, per raccontare un’origine: quell’anno le donne portarono appuntato quel libricino sul petto con il rametto di mimosa. E il racconto ha molte varianti: per la moderna storiografia è frutto della contaminazione tra lotte sindacali e vari episodi di cronaca.

La leggenda si è costruita via via nell’ immaginario femminile per tradizione orale, si è diffusa anche per la sua carica simbolica: lavoro femminile in fabbrica, ruoli tradizionali infranti; e ancora, donne in lotta per i propri diritti e perciò punite dal padrone; e ancora, donne “rinchiuse” vittime dell’oppressione sessuale e per questo morte.

Negli anni 60 i cortei dell’Udi sono rari. Il boom economico illude sulla conquista di autonomia. Invece l’Udi con l’8 marzo denuncia la società maschilista (espressione ancora insolita che turba e scandalizza), comincia a parlare di divorzio, chiede la riforma del diritto familiare, libera diffusione dei mezzi di controllo delle nascite, tutela della lavoratrice madre, parità per il lavoro della donna contadina, piano nazionale per gli asili nido, scuola materna pubblica. Comincia il suo confronto-scontro col femminismo.

Gli anni ‘70 vedono cortei più animati. La pratica dell’8 marzo viene adottata anche dalle femministe con motivi e forme proprie, come occasione politica per passare dalla fase dell’autocoscienza alla comunicazione e alla visibilità con le altre. I cortei femministi rompono in modo clamoroso con la tradizione, per un decennio si svolgeranno separatamente da quelli dell’Udi. Slogan esplosivi e dirompenti su matrimonio, famiglia, prostituzione, aborto vengono urlati nei megafoni, attraversano la piazza. Spesso la polizia carica. Però si aggregano donne a migliaia: studentesse, tantissime casalinghe, impiegate dei più disparati settori.

Tra il ’75 e il ‘78 alcuni obiettivi politici diventano comuni e i diversi cortei sono percorsi dagli stessi slogan. Si dibatte su maternità, sessualità e aborto. Ma ora la messa in gioco personale diviene dirompente rispetto agli schieramenti.

8 marzo 78: In un clima generale cupo e teso, il movimento delle donne entra in crisi, si frantuma l’idea di un progetto di lavoro politico totalizzante. Sui giornali si parla di “riflusso”. Eppure l’8 marzo resta un grande appuntamento collettivo: sfilano ben 5 cortei di organizzazioni diverse, nonostante il divieto della Questura. Per la prima volta dal dopoguerra, sfila anche il CIF (Centro italiano femminile)

8 marzo 79 l’Udi istituisce il Tribunale 8 marzo, dove le donne possono denunciare e trovare solidarietà. La Rai manda in onda “Processo per stupro”. La riflessione sulla violenza ricompatta le organizzazioni femminili, nasce il comitato promotore di una proposta di legge d’iniziativa popolare contro la violenza sessuale.

Movimento femminista e Udi iniziano un percorso di comune riflessione, con uno slogan efficace “Le donne con le donne possono”.

8 marzo 1980: Roma, Piazza Farnese: storico incontro di tutto il movimento: al mattino sfilano le studenti, al pomeriggio un altro grande corteo di cinquantamila, un fiume di mimose. Le femministe aspettano in Piazza, invitano a partecipare, portando cuscini, sdraio e ombrelloni, merende e beveraggi. In anni che parlano di terrorismo, attentati, sequestri e stragi, le donne vogliono dare una risposta ferma e comune contro la violenza e le spinte restauratrici (manifestazioni contro l’aborto, proposte di riaprire le “case chiuse”).

Con gli anni 80 la Giornata Internazionale della donna entra nel calendario delle celebrazioni. Poi, lentamente, quasi inesorabilmente, se ne impadronisce il mercato, ne fa una ricorrenza consumistica. Presso alcune donne affiora la contestazione della giornata in quanto tale.

Ma la storia non finisce qui. La racconteranno le donne di questo tempo, se vorranno.

Pina Nuzzo

immagine, Tracce, olio su tela di pinanuzzo

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Questa voce è stata pubblicata il 8 marzo 2024 da in 8 marzo, conosciamoci, donne.

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