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Art. 55

Maria Cristina Rizzo

Le Camere

Nella formulazione vigente il testo si compone di due sole righe:
“Il Parlamento si compone della Camera
dei deputati e del Senato della Repubblica”

Nella nuova formulazione l’art. 55 è decisamente molto lungo.

Una delle critiche che vengono mosse alla riforma è che articoli semplici e di poche parole sono stati sostituiti con testi complicati, troppo lunghi e poco comprensibili.
Questa è una critica che anch’io muovo da molti anni a tutte le nostre leggi che sono decisamente difficili da leggere.
Ma l’attitudine a scrivere leggi poco comprensibili non è di questi ultimi tempi bensì un modus operandi ormai in uso da troppi anni negli uffici legislativi di Camera e Senato.

Il nuovo art. 55 dice:

“Il Parlamento si compone della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
Le leggi che stabiliscono le modalità di elezione delle Camere promuovono l’equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza.
Ciascun membro della Camera dei deputati rappresenta la Nazione.
La Camera dei deputati è titolare del rapporto di fiducia con il Governo ed esercita la funzione di indirizzo politico, la funzione legislativa e quella di controllo dell’operato del Governo.
Il Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica. Concorre all’esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo le modalità stabiliti dalla Costituzione, nonché all’esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l’Unione europea. Partecipa alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione europea. Valuta le pubbliche e l’attività delle pubbliche amministrazioni e verifica l’impatto delle politiche dell’Unione europea sui territori. Concorre ad esprimere pareri sulle nomine di competenza del Governo nei casi previsti dalla legge e a verificare l’attuazione delle leggi dello Stato”

L’art. 55 in questa nuova formulazione introduce quindi il bicameralismo imperfetto, e precisa quello che compete alla Camera dei Deputati rispetto a quello che invece compete al Senato.

La lunghezza dell’articolo si può giustificare, quindi, perché mentre la Costituzione vigente prevede che Camera e Senato abbiano le stesse funzioni e poteri, nella nuova formulazione si è reso necessario distinguere le rispettive competenze. Tutto sommato il testo non è incomprensibile ma con un piccolo sforzo si poteva rendere più semplice.

Resta da chiedersi se sia necessario o opportuno passare dal bicameralismo perfetto al bicameralismo imperfetto.

Intanto chiariamoci le idee sul bicameralismo.
Oggi noi abbiamo la Camera dei Deputati ed il Senato che hanno gli stessi poteri e tutte le leggi necessitano della doppia approvazione dell’una e dell’altro.
Tradotto in parole povere significa che se un testo di legge, approvato alla Camera, poi subisce delle modifiche al Senato, lo stesso testo deve ritornare alla Camera per un ulteriore approvazione. Questo ping pong ha creato lungaggini inaccettabili nell’approvazione delle leggi.
Per arginare questo fenomeno e sveltire l’attività legislativa spesso il Governo ha fatto ricorso ai decreti legge.
Per chiarire: il Governo non può fare le leggi. Quelle spettano solo al Parlamento. Ma la Costituzione vigente ha previsto che, in casi di urgenza, il Governo si possa sostituire al Parlamento e fare dei decreti legge che entro sessanta giorni il Parlamento deve convertire in legge.
Negli ultimi decenni il ricorso ai decreti legge, che doveva avere carattere straordinario, è diventato invece la prassi proprio per i ritardi dei due rami del Parlamento.

Ridurre le competenze del Senato solo ad alcuni temi più importanti e lasciare la funzione di indirizzo politico, legislativo e di controllo del Governo ad una sola Camera dovrebbe sveltire i lavori del Parlamento.

Altra considerazione.
Se guardiamo l’aspetto puramente economico della riforma avremo 315 parlamentari in meno da pagare. Perché, come vedremo nel commentare gli altri articoli, il Senato sarà composto da soli 100 senatori così divisi: 95 senatori rappresentativi delle Regioni e dei Comuni e da cinque senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica (scompaiono i senatori a vita).
I nuovi senatori saranno pagati dagli Enti di provenienza.
Se si considera che i deputati sono 630 ed i senatori 315, avremo un Parlamento che costerà 1/3 in meno.
Obiettivamente non è poco, considerato quanto sono alti i costi della politica.
Leggo in giro che il risparmio sarebbe relativo. Circolano svariati conti. C’è chi dice che invece anche per i 100 nuovi senatori si troverà l’escamotage per pagarli doppiamente.
Potrebbe essere. Oggi non è previsto, però.
E comunque, anche se, nella peggiore delle ipotesi, dovesse essere previsto il compenso per questi 100 senatori, ne avremmo sempre 215 in meno da pagare.

Ulteriore considerazione. Della necessità di superare il bicameralismo perfetto sentiamo parlare dalla fine degli anni ’70. Ci sono almeno una decina o forse più proposte di modifica del bicameralismo messe in campo da tutte le forze politiche.
Nessun partito può dire di non aver lavorato per la riduzione dei poteri del Senato. Sono state fatte diverse Commissioni Bicamerali. Una già ai tempi di Nilde Iotti. L’ultima presieduta da Massimo D’Alema. Si può cambiare idea? Certamente si.
Da cittadina vorrei capire meglio perché.

Un’ultima considerazione, ma non ultima per importanza, sull’art. 55.
Per la prima volta viene inserito un chiaro riferimento alla parità di genere: “Le leggi che stabiliscono le modalità di elezione delle Camere promuovono l’equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza”.
Questo comma mi piace molto perché la parità di genere è sempre stata una mia battaglia ed il riconoscimento costituzionale del principio imporrà che anche le leggi elettorali debbano adeguarsi. E’ un grande passo avanti.

Conclusioni: alla modifica dell’art. 55 io dico SI.

Ma darò il voto ad ogni articolo. Se prevarranno i NO voterò NO al referendum; se prevarranno i SI, voterò SI.

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