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“Se dico Transfobia, tu che rispondi?”

tdor-17-11-2013DI BLOG IN BLOG  da lafilosofiAmaschiA 

– scritto di Fiammetta Mariani –

…Il 17 Novembre scorso, si è svolto a Roma, in Piazza del Popolo, il primoflashmob contro la transfobia e in ricordo delle vittime (TDor, il Transgender Day of Remembrance), coordinato dall’associazione Libellula. I dati parlano di 1.123 omicidi in tutto il mondo negli ultimi quattro anno.

Questo momento segna un passaggio decisivo nella narrazione che, della comunità LGBT, si è data sino ad oggi all’opinione pubblica: la comunità transgender c’è, esiste ed è attorno a noi tutti/e.  Trans non è sinonimo di prostituzione (come le cronache degli ultimi anni hanno sotteso a comunicare), né di malattia, bensì di persona umana desiderosa di diritti. La manifestazione sancisce un precedente grazie al quale, da domani, potremo andare nelle scuole e dire semplicemente: “ehi, lo sai che a Roma le persone trans hanno fatto questo?, tu che ne pensi?”. Potremo far vedere il video e lasciare che i/le giovani prendano la parola.  Ringrazio, perciò,  le trans e l’associazione Libellula del loro coraggio; per averci indicato la strada, consegnandoci le loro parole e i loro corpi, attraverso queste immagini (qui  il video del flashmob).

Al sit in di domenica scorsa, hanno partecipato anche le Femministe Nove, il collettivo delle giovani femministe di cui tanto si è parlato dopo Paestum 2013. Perché parlarvene?; perché mi sembra importante raccontare come le donne stiano elaborando, anche e soprattutto attraverso la piazza, il tema delle discriminazioni di genere. Mi sembra un buon modo di omaggiare questa giornata del 25 Novembre contro la violenza sulle donne.

Ho chiesto, perciò, a Valeria Mercandino  del collettivo F9  di darci la sua testimonianza:

Noi femministe nove abbiamo collaborato con l’associazione Libellula per il flashmob contro la transfobia, in quanto pensiamo ci sia un collegamento forte tra le nostre lotte. La continuità non è basata sul porci insieme – donne e persone trans – come vittime di violenza di genere ma su una posta in gioco ben più alta.

Le donne denunciano la costruzione di leggi e comportamenti sociali che impediscono l’autodeterminazione della singola donna, e che fanno uso dei corpi delle donne per allargare e intensificare il controllo sui corpi di tutte e tutti – sto pensando al DL Femminicidio, all’irrevocabilità della denuncia, e ai provvedimenti contro il movimento noTav che contiene. Dall’altra parte abbiamo le persone trans che nel nostro paese subiscono una condizione di mancato riconoscimento della propria condizione, delle minime tutele e diritti. La violenza, anche in questo caso non è solo fisica, ma è prima di tutto simbolica e culturale: come può questo paese indignarsi per le tante trans uccise, quando la politica ne riconosce l’esistenza solo come persone malate da curare? Anche qui, cosa dire a proposito dell’autodeterminazione, quando la transessualità è considerata una malattia psichiatrica e una persona per entrare nell’iter di passaggio da un sesso all’altro, è costretta ad accettare questa marchiatura?

Prima di tutto una precisazione: per noi non si tratta di “farci carico” delle istanze delle trans: è fondamentale riconoscere che mai una donna potrà capire fino in fondo la condizione di un’esistenza di una persona trans, e viceversa. Le pratiche politiche che possiamo produrre insieme nascono dal supporto reciproco, dalla ricerca congiunta dei collegamenti tra queste differenti condizioni, dopo di che il portato di differenza e la propria esperienza non può mai essere sostituito da nessuno/a, anzi sono l’arricchimento fondamentale.

Ritengo che rispetto ai decenni precedenti, nel femminismo italiano siano maturate una sensibilità e delle necessità differenti che guidano il pensiero e le pratiche. Se prima la differenza pensata dalle donne aveva bisogno di esprimersi anche nella presa di distanza, oggi quella differenza è utilizzata nella sua accezione più mobile e “virtuosa”: una differenza che serve a mettere in luce il proprio posizionamento, e che dà forza per andare a cercare altre e altri alleate/i, di cui si riconosce e rispetta la differenza; da cui partono. A mio parere, siamo pronte per questa fase.

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Un commento su ““Se dico Transfobia, tu che rispondi?”

  1. gabriella tupini
    1 giugno 2016

    Condivido parità di diritti tra etero, gay, trans e qualsiasi altra diversità. Però sono una delle poche persone che ci capiscono. Ho cercato di darmi fa fare da giovane ora sono vecchia e con meno forze, ma mi piacerebbe far capire cosa c’è sotto queste diversità. Io non lo sbandiero perchè i cretini ne farebbero uso per discriminarli. La gente va capita ma non cambiata. Capire i diversi non serve a loro, serve a noi per essere più delicati con loro. Non abbiamo diritto di spiegare a chi non ci chiede spiegazioni. Ma a chi ci lavora andrebbe spiegato. Ne ho aiutati molti ad accettare la loro aspirazione senza metterli in imbarazzo con spiegazioni che li farebbero soffrire. Io amo i più deboli.

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