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Vita? O Teatro?

Charlotte Salomon “Charlotte Salomon (Berlino 1917 – Auschwitz 1943), giovane artista, ebrea, uccisa nelle camere a gas incinta di tre mesi, ebbe un’esistenza travagliata, ma emblematica per la resistenza che oppose alla barbarie dei tempi e al simbolico patriarcale. In esilio per sfuggire alla persecuzione razzista, riuscì a liberare la sua forza creatrice e a inventare un linguaggio artistico complesso. Il suo capolavoro, Vita? O Teatro? è un’autobiografia di circa 1320 immagini a guache, parole e commento musicale, in cui racconta la sua consapevolezza di donna: condanna il nazismo, senza lasciarsene intimamente schiacciare, individuandone la causa nell’autoritarismo, impersonato dalla figura del nonno, e confuta la concezione maschile dell’arte come dimensione elitaria per un’arte strettamente legata alla vita. Tenendo viva nel ricordo la relazione con la madre biologica, morta suicida, e, nella vita, con la seconda madre, con la sua opera lascia l’esempio di un percorso di libertà, per certi versi simile a quello di Etty Hillesum.” Katia Ricci

Charlotte Salomon  I COLORI della VITA di Katia Ricci, Palomar Bari 2006, recensione di Anna Potito

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Sono i 1325 fogli (misura media cm. 24/35, contrassegnati dalla sigla C.S.) tra guache, disegni preparatori, appunti che, ordinati in catalogo dallo Joods Historisch Museum di Amsterdam, Katia Ricci ha studiato a lungo, tradotto personalmente e analizzato, con brillante e partecipe lucidità, nella complessità dell’ intreccio dei linguaggi visivo, poetico e musicale, scegliendo quelli che ha ritenuto più significativi, offrendoci una lettura pregevole ed un’ interpretazione interessante di un ‘opera che definisce  “davvero singolare e forse unica nella storia del Novecento”. I fogli dipinti, affidati nel 1947 da un’amica, Ottilie Moore, che l’aveva aiutata nell’esilio a Nizza, al padre Albert, medico, sopravvissuto fortunosamente insieme alla seconda moglie Paula, cantante lirica, hanno rivelato una vita ricca di dolori, gioie, segreti, una storia nella Storia, che non poteva andare perduta, ed i genitori hanno pensato di affidarla al Museo Stedelijk, fino alla ripartizione delle pagine ed alla pubblicazione in catalogo.

L’opera di Charlotte, costretta ad interrompere gli studi, nascondersi, rifugiarsi con i nonni materni in Francia, vivere nel disagio fino ad essere raggiunta ed uccisa dai nazisti, incinta di quattro mesi, non è però solo una annotazione delle vicende che accadono alla protagonista, ma “ è un punto di vista privilegiato per capire una parte fondamentale del pensiero del Novecento e della storia delle donne ”. Indagare e portare alla luce la differenza femminile nella storia e nella rappresentazione delle arti visive è l’ impegno che da anni Katia Ricci ha assunto come fondamento della sua ricerca di donna, insegnante, critica d’arte…

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Singolare è il percorso di vita di questa giovane donna, che, costretta a seguire gli eventi della storia, non se ne lascia sopraffare e sceglie la strada della narrazione poetica “ per lasciare alle generazioni future il proprio progetto di libertà su di sé e sul mondo ”.

Ma dove trova tanto coraggio una ragazza che sente incalzare su di sé e su quelli come lei l’odio del mondo?

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Le 120 immagini riportate nell’ appendice iconografica solo in parte, ovviamente, riescono a mostrare quanto Katia ci fa vedere e quasi rivivere nella sua accurata ed appassionata descrizione, sufficienti, comunque, a darci il segno di una grazia dalla quale anche io, lettrice, mi sono sentita attraversata. E’ la grazia dell’ aver ritrovato l’ abbandono fiducioso, il ricordo fertile del rapporto con il corpo materno da cui scaturisce “ l’humus della sua lingua poetica, musicale e visiva ” che le consente di “ vedere altre strade oltre quella della disperazione e della sventura ”.

“ Lavorando freneticamente Charlotte riempiva i fogli con una gestualità, che, quanto più procedeva nel racconto e si avvicinava al tempo presente, tanto più diventava ampia e veloce, rendendo il tratto più sobrio ed essenziale e il colore più puro. Il tempo della vita si impregnava del tempo artistico e viceversa, ormai senza distinzione, l’ opera era diventata la vita e la vita l’ opera, al punto che, fondendo l’ arte con la realtà, nell’ immagine di chiusura (JHM 4925) si ritrae nella posizione in cui era solita dipingere: è di spalle, in ginocchio con le gambe raccolte sotto il corpo, con la mano sinistra che regge il foglio, il braccio destro libero per muovere il pennello sulla carta dove è dipinto il mare azzurro che le sta di fronte e che sembra entrare nel foglio. Sulla schiena dell’artista è dipinto il titolo dell’opera Leben oder Theater, senza il punto interrogativo, come se non solo la sua vita, ma il suo stesso corpo fosse l’opera ”.

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L’immagine è l’opera di Charlotte Salomon: Leben oder Theater

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