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maipiùclandestine, perchè insieme

aborto D 153– scritto di Pina Nuzzo – 

PREMESSA

Fino al 1975 l’aborto era in Italia una pratica illegale. Ciò non significava, ovviamente, che di aborti non ne avvenissero: anzi, le donne italiane, già svantaggiate da una legislazione punitiva nei confronti della contraccezione, quando incappavano in una gravidanza non voluta si dovevano rivolgere clandestinamente alle “mammane” talvolta al prezzo della vita della donna stessa, oppure  ai “cucchiai d’oro” che praticavano gli aborti, a caro prezzo, nelle cliniche private. Nel 1975 una sentenza della Corte Costituzionale stabiliva finalmente la «differenza» tra un embrione e un essere umano e sanciva la prevalenza della salute della madre rispetto alla vita del nascituro. Il 22 maggio 1978 veniva approvata la legge 194, con la quale si riconosceva il diritto della donna ad interrompere, gratuitamente e nelle strutture pubbliche, la gravidanza indesiderata. In essa venivano stabilite politiche di prevenzione da attuarsi presso i consultori familiari. La legge prevedeva la possibilità di non operare per il medico che avesse sollevato obiezione di coscienza. ( fonte  )

IN QUESTI 35 ANNI

Relazioni annuali del ministero della salute sull’aborto hanno dimostrato come la legge 194 e l’accesso alla contraccezione abbiano progressivamente ridotto il numero delle donne che ricorrono all’aborto nel nostro paese.  Ciò è avvenuto  nonostante lo svuotamento dei consultori, nonostante l’affermarsi  di politiche che rendono sempre più difficile, complicato, doloroso per una donna decidere se e quando generare.

Consapevoli  che ci si stava avviando verso un progressivo e inarrestabile smantellamento della 194, nel 2008 nell’udi  si costituì, tra donne diverse, un comitato:“quando decidiamo noi” . Negli atti del seminario di presentazione di quel comitato Laura Piretti declinò in modo chiaro i punti qualificanti di un’ azione politica delle donne. Quel comitato non è poi andato avanti, ma le parole di Laura tracciano un percorso valido ancora oggi.

“ 1)- Affermazione dell’autodeterminazione della donna nelle scelte di maternità.

il diritto all’autodeterminazione poggia sulla soggettività delle donne, con cui, in un recente passato, abbiamo costretto le leggi a fare i conti. Tale soggettività e autodeterminazione, nel momento della gravidanza, si definisce in relazione a un altro soggetto. Per questa consapevolezza, anche alla luce delle questioni sollevate dalle biotecnologie e dalla necessità di governare i progressi scientifici e tecnologici, arriviamo ad una definizione  del concetto di autodeterminazione che comprenda quello della scelta informata e di assunzione di responsabilità.

2)- Affermazione del primato della madre

Nella procreazione la relazione fra madre e figlio parte da un’accettazione che si fonda sull’autodeterminazione della donna ed assume da questa il suo significato più profondo. La tendenza, oggi sempre più marcata, a mettere al centro della procreazione il concepito (fino alle aberrazione contenute nella legge 40) lasciando la madre sullo sfondo, tende a rovesciare il prima e il dopo, a togliere una causa prima del nascere che è l’amore/consenso di chi genera. Da ciò deriva una concezione sempre più maschile della nascita che prescinde dalla persona e dal corpo che mette al mondo.  Si propone invece che fin dai primi momenti successivi alla fecondazione, sia naturale che assistita, il prodotto del concepimento sia considerato inscindibile da corpo materno che, accogliendolo, può trasformarlo in persona.

3)- Affermazione del diritto alla scelta informata

Nell’ambito della salute delle donne, delle scelte di  maternità, questo principio, valido per tutti, è però di particolare importanza, perché investe direttamente tutta la questione dell’assistenza alla gravidanza e al parto,  alla contraccezione, all’interruzione di gravidanza, alla fecondazione medicalmente assistita. Le tecnologie e la ricerca scientifica sono un’opportunità che ciascuna/o dovrà misurare secondo la propria etica e le proprie scelte. Nello specifico si chiede che vi sia ampia informazione e reale libertà di scelta sulle modalità della preparazione e assistenza alla gravidanza e al parto e sui rapporto madre bambino fin dai primi momenti dopo la nascita. Informazione e scelta sulla contraccezione, anche attraverso la liberalizzazione della pillola del giorno dopo; informazione e scelta sulle metodiche dell’IVG con particolare riguardo alla possibilità di usufruire della RU486 nell’ambito della legge 194, no alla rianimazione dei feti “grandi prematuri” (soprattutto se da aborto terapeutico)  senza il consenso della madre.    

4)- Difesa dell’integrità e salute della donna

Tutto ciò che è affermato nel punto precedente (3) è finalizzato alla salvaguardia dell’integrità e della salute della donna, di cui la donna stessa, informata ed autodeterminata, diventa così protagonista. Nelle scelte di maternità non vi è nessun principio etico, scientifico, metodologico che possa prescindere dall’integrità e dalla salute della donna, dal suo diritto alla scelta informata e dalla sua autodeterminazione.  A proposito della questione della PMA (procreazione medicalmente assistita) e della sterilità, pensiamo che lo scarto fra il desiderio di generare e il diritto a farlo sia certamente una questione su cui interrogarsi, ma solo dopo aver riconosciuto la libertà delle persone di avvalersi, con responsabilità che può essere solo individuale, del progresso scientifico e di opportunità in altri tempi impensabili. Sulla PMA pensiamo che sia da abolire o seriamente modificare la legge 40, soprattutto in riferimento alle parti di essa che contrastano con il primato della madre, con la salvaguardia della salute della donna, della sua integrità e dell’autodeterminazione.

5)- Sì alla legge 194, sì alla prevenzione dell’aborto, no alla dissuasione e alla colpevolizzazione delle donne.

Consideriamo l’aborto una sconfitta , mentre una legge che consenta e regolamenti  l’interruzione di gravidanza è un diritto delle donne indiscutibile. Consideriamo la “piena applicazione della legge 194” un obbiettivo da perseguire nel senso di: rimuovere, là ove è possibile, gli ostacoli che si frappongono alla prosecuzione della gravidanza mettendo in campo (o in rete) tutte le opportunità del pubblico, del privato e del sociale che possono essere attivate; potenziare e rifinanziare i consultori, aprendoli dove non ci sono; promuovere l’informazione e la formazione di una cultura contraccettiva, facilitare la somministrazione dei contraccettivi anche d’emergenza (vedi punto 3), dare piena attuazione all’articolo 9 dove si impegnano le Direzioni sanitarie a garantire l’applicazione della legge in tutte le strutture pubbliche e convenzionate, in presenza di obbiettori di coscienza, anche con la mobilità del personale.  Denunciare sistematicamente il passaggio di significato da “prevenzione dell’aborto”, previsto dalla legge, a dissuasione dall’aborto, assente dalla legge.  Intendiamo a questo proposito valutare e contrastare tutte quelle azioni previste e compiute da certo volontariato di “dissuasione militante”  (presenza di preghiera nelle cliniche, foto o riproduzioni di feti da mostrare alle donne che hanno scelto di interrompere la gravidanza o altri orrori simili) che contrastino al principio della privacy, della dignità e integrità della donna. Ribadiamo infine che vera prevenzione dell’aborto è  prevenzione delle gravidanze indesiderate. Sulla 194 è obbiettivo forte del comitato portare avanti informazione, conoscenza e controinformazione.

6)- Affermazione del valore sociale della maternità

Riprendiamo e rilanciamo con forza questo principio basilare di tutta la rivendicazione al femminile, dal dopoguerra ad oggi. Tale rivendicazione è attualissima di fronte alla progressiva precarizzazione della vita delle persone, che, per le donne, si traduce spesso in condizionamenti sulle scelte di maternità. Mettiamo in primo piano la difesa del lavoro femminile, del ruolo sociale della donna, in riconoscimento del quale abbiamo anche chiesto il riequilibrio fino alla metà della rappresentanza delle donne nei luoghi dove si decide, la condivisione fra i sessi del lavoro di cura. Precarietà di vita e di lavoro, disparità fra i sessi nel lavoro di cura, poca possibilità di conciliazione nel lavoro e nella vita fra le esigenze delle donne e quelle del resto del mondo, welfare e servizi gravemente insufficienti per garantire il valore sociale della maternità, sono gli aspetti negativi dell’organizzazione del lavoro e delle politiche di questo paese,  dove si pretende si sostenere la maternità senza sostenere le madri, dove si tende a fare riferimento ad un concetto unico e astratto di famiglia, e non alle persone concrete, prime fra tutte le donne.”

ADESSO, DOMANI

Ripropongo queste parole alla vigilia di un ritorno in piazza perché rappresentano un pezzo della mia storia, perché sono  quelle in cui tuttora mi riconosco. Torno in piazza, domani, 1° marzo 2014, accanto a donne per le quali  fare o non fare figli è una possibilità concreta dei loro corpi, nelle loro vite.

Torno in piazza per dire insieme a loro: maipiùclandestine. E per condividere, politicamente, i tanti significati che la parola clandestina ha assunto nella storia e nella cultura. Per fare  da sponda ad un’altra clandestinità; quella delle donne che vengono da altri paesi e che sono costrette in modo più frequente e drammatico a ricorrere all’aborto clandestino. A domani.

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