laboratorio donnae

questo desiderio maschile di maternità

4 J. Dubuffet 1936 doppio autoritratto con bombetta

di Giusi Ambrosio

Pare sia divenuto bisogno urgente della società italiana non solo una definizione legale del viver in coppie omosessuali ma anche di poter assumere funzioni genitoriali nei confronti di bambini e bambine.
Non manca per un antico retaggio culturale l’acceso dibattito tra favorevoli e contrari e ancor più evidente la produzione di disparate teorie a sostegno dell’una e dell’altra posizione.
E non manca l’etichetta ideologica espressa nell’opposizione tra laici e cattolici, tra progressisti e conservatori, e poco manca non vengano riesumate le categorie di guelfi e ghibellini.
In entrambe le posizioni ci si avvale del significato positivo intrinseco a una sia pur generica difesa del diritto, dei diritti. Da una parte vengono sostenuti quelli dell’uomo a prendere un utero in prestito o in affitto e quelli del suo compagno a diventare tramite adozione secondo padre o simil-madre.
In base all’assunto che ciò che conta è l’amore che si offre indipendentemente dal genere maschile o femminile, vengono presentate al pubblico televisivo indegne interviste a bambini e bambine, che già vivono in famiglie omogenitoriali, su come ci si sente ad avere due mamme o due papà, cosa dicono a scuola, ti senti diverso/a, sei felice.
L’amore che si offre a questi bambini/e li rende tanto forti da reggere tali pubblici confronti, o a scopo di propaganda non ci si ferma dinanzi ai turbamenti dei minori? e non si può ipotizzare che l’eventuale disagio psicologico potrebbe manifestarsi dopo molti anni e/ o solo in alcuni individui divenuti adulti così come avviene per altre esperienze vissute nell’infanzia?
Nell’altra posizione si afferma di voler sostenere e tutelare i diritti dei bambini e delle bambine ad avere un papà e una mamma come condizione per la serenità di vita e di crescita. Sembra una posizione di solo buon senso e non si capisce perché debbano attribuirsela solo i cattolici. Da tradizione millenaria si nasceva in famiglia di due genitori o anche di sola madre!
Le due posizioni sono accomunate dal convincimento che la genitorialità debba essere duplice, che un genitore singolo è un genitore dimezzato. Ma nel genere il due non significa doppio di uno, la duplicità è altra cosa dalla uniformità di genere! Credo che su questo argomento si possano ben delineare i confini che definiscono e distinguono UGUAGLIANZA E DIFFERENZA.
Rispetto al potere di generare la differenza di genere è un dato indiscutibile: uomini e donne non sono uguali, ma sono differenti. E mentre una donna può procurarsi il seme maschile e condurre una maternità senza il corpo dell’uomo che lo ha fornito, l’uomo che si procuri un ovulo non può condurre una maternità al di fuori del corpo femminile. Nel dire corpo intendo evidenziare il significato di cosa si può intendere con utero in prestito o in affitto, cioè la negazione della unità corpo-mente della donna, individualità generatrice di vita e di senso.
La domanda che pongo (ma forse è di competenza psicoanalitica) interroga i soggetti di genere maschile perché vogliono essere madri e padri, padri e madri a coronamento del loro amore? Cos’è questo desiderio di maternità? Rifiuto di riconoscere il limite di un corpo finito? Aspirazione alla trascendenza?
E cosa diciamo noi femministe che tanto abbiamo elaborato sulla coscienza del limite? Possiamo noi femministe cadere nella trappola del diritto egualitario che nel campo della generazione neghi la differenza e trascini la maternità nell’indifferenza? L’insignificanza della madre rappresenta l’estrema violenza che un pensiero maschile può promettere alle future generazioni come possibile pratica patriarcale.
La guerra dichiarata nel nome del patriarcato giunge a voler assorbire e inglobare la maternità.
Politicamente evidenzia la confusione di senso con cui il neoliberismo globale ha permeato le menti, i pensieri, i desideri, facendo credere e sostenere che tutto si può fare, tutto si può ottenere, tutto si può comprare. E la trasformazione di ogni cosa in merce la chiamano Libertà.
Così come la lotta per la libertà sessuale è stata trasformata in mercificazione sessuale, così anche la libertà riproduttiva può divenire mercificazione della riproduzione, di una interiorità, profondità, unicità dell’ esperienza umana, dell’essere donna e madre.
Preoccupa notare che molti e molte credono che far assumere alle donne e alla maternità il ruolo di una nuova merce nel mercato globale possa significare diritto umano.

immagine  J. Dubuffet 1936, doppio autoritratto con bombetta

3 commenti su “questo desiderio maschile di maternità

  1. marinella d'amico
    1 febbraio 2016

    sono d’accordo con questa analisi, Giusi, ma mi chiedo se , ancora una volta non sarebbe più giusto affermare che la donna, del suo corpo, dovrebbe essere libera di farne quello che vuole e disporne come crede. Anche la prostituzione mi pone gli stessi interrogativi, ma chi può impedire ad una donna di disporre del suo corpo, rendendolo oggetto di confronti simbolici che non rispettano il fatto che il corpo è solo suo. Comunque resto dubbiosa
    Marinella

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  2. Alice
    1 febbraio 2016

    Scusate, ma una donna non può scegliere liberamente e consapevolmente di offrirsi per portare avanti una gravidanza per altri? Succede ad esempio in Canada, senza costrizioni o mercificazioni, se ne trovano facilmente testimonianze.
    Negare questa possibilità mi sembra un atteggiamento paternalistico, un ritenere le donne incapaci di capire qual è la scelta migliore per loro.
    Senza contare, poi, che se si ritiene sbagliata la donazione di ovuli e la surrogacy (una implica l’altra, dato che colei che porta avanti la gravidanza non è la stessa che ha donato l’ovulo) allora si dovrebbe ritenere sbagliata anche la donazione di sperma. O forse per gli uomini che donano lo sperma non c’è lo stesso biasimo che invece c’è per le donne che decidono di donare ad altri il frutto del loro apparato riproduttivo? Può esserci una “insignificanza del padre” (per parafrasare l’articolo) senza che ci sia chi batte ciglio? Sicuramente non lo batte l’autrice, troppo impegnata a chiamare “simil-madre” il secondo partner all’interno di una coppia di omosessuali. Complimenti.
    Detto questo, vorrei precisare una cosa: la stragrande maggioranza (oltre il 90%) di coloro che ricorrono alla GPA è composta da COPPIE ETEROSESSUALI. Dov’è questo fantomatico e paventato desiderio maschile di maternità?
    Infine, ogni volta che qualcuno dice o scrive qualcosa sulla celeberrima FAMIGLIA NATURALE (“Da tradizione millenaria si nasceva in famiglia di due genitori o anche di sola madre!”) un antropologo muore tra atroci sofferenze.

    ps. gli studi sui figli delle coppie omogenitoriali vanno avanti da 40 anni (da più tempo di quelli sull’anoressia, per dire) e ancora dimostrano che non ci sono conseguenze negative.

    ps2. pillole di onestà intellettuale: chiamiamo le cose con il loro nome. Si dice Maternità Surrogata/Surrogazione di Maternità/Gestazione per altri/Gestazione d’appoggio. Usare una definizione apertamente critica come utero in affitto mi pare soltanto squallido e meschino.

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  3. giusi ambrosio
    2 febbraio 2016

    Ho letto i due commenti al mio articolo” questo desiderio maschile di maternità” e mi rendo conto come possano essere equivocate per pregiudizio anche alcune affermazioni ovvie e evidenti nel significato. A volte per spirito polemico si ritiene di poter rispondere allo stesso modo indistintamente e a tutte le posizioni che si intende contrastare.
    Per ordine rispondo prima agli equivoci e poi entro nel merito dei problemi.
    Alice ad esempio non ha capito che non ho parlato di famiglia naturale, per indicare il modo in cui nel corso dei millenni della storia si sono avute le nascite!
    Per chiarezza di definizione metterei in evidenza che la motivata richiesta delle unioni civili, omosessuali o etero sessuali, indica il passaggio di una condizione naturale, unione di fatto a una condizione giuridicamente definita. Così per i nati da tale unione si chiede un riconoscimento di diritti. Si chiede cioè che la famiglia naturale (di fatto) divenga unione civile.
    Alice evidentemente non ha compreso cosa significa naturale e mi ha attribuito una definizione che non ho mai usato. Inoltre per gli studi antropologici, a me non ignoti,e per la pratica di docente di storia e di filosofia, so bene che l’istituto della famiglia ha forme e modalità differenti nei tempi storici, nei luoghi geografici, nel diritto, nelle culture,nelle religioni.
    Altro equivoco è relativo al possibile disagio di bambini/e con cui mi riferivo agli effetti delle interviste a cui vengono sottoposti/e a scopo di informazione e propaganda.
    Che la condizione umana sia esposta a disagi psicologici è un dato tanto diffuso che non si comprende poi perchè solo chi cresce in famiglie omogenitoriali dovrebbe esserne immune. E non so cosa certifichino gli studi in merito.
    Rispetto ai problemi:
    Interrogativo sulla libertà femminile e possibilità di disporre del proprio corpo.
    La libertà non è solo assenza di vincoli e impedimenti, ma è progettualità in divenire, ricerca di senso nell’agire, pratica politica nella costruzione sociale.
    Sinceramente non saprei dire cosa significhi per una donna dare in prestito il proprio corpo, se questa sia libertà o ESTRANIAZIONE.
    Se nell’attività lavorativa può attuarsi una perdita di sè,della propria individualità, della propria creatività, tanto da parlare di lavoro alienato e di alienazione come condizione umana, COME non pensare che non significhi alienzione, estraniazione della propria essenza una gestazione su commisione, un tempo di estraniazione da sè e di oggettualità
    della creatura in formazione?
    Che possa accadere non significa libertà della donna nè tanto meno pratica da proporre e sostenere.
    E’ un orizzonte di significato che deve essere considerato, non le azioni di singole persone. Alice si risente se dico utero in affitto ma è verosimile che di questo si possa trattare. Non mi è giunta informazione di tale pratica come missione umanitaria.
    In ultimo intendo ribadire come l’insignificanza della madre rappresenti una negazione della madre, un altro modo di cui si avvale il patriarcato per l’affermazione di un ordine giuridico e simbolico.
    Inoltre da sottolineare come la pratica dell’utero in affitto (madre surrogata è più corretto?)
    riporti il diritto maschile alla biologia in quanto il padre” naturale” ha fornito il proprio seme per la realizzazione del progetto.
    Giusi Ambrosio

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