Parto da me, come ho imparato a fare in questi due anni. Solo due anni sono passati e mi sembra un secolo da quando ho fatto dell’essere donna una questione politica, da quando l’ho messo a tema. Non mi sento più sola davanti al mondo. E questo è un fatto. La mia forza nasce da qui.
Per me la forza è stato qualcosa da scoprire, non da raggiungere, era sempre stata dentro di me e quando ho deciso di prendermi sulle spalle, di avere fiducia, sono riuscita a farla venire fuori.
Una volta che è venuta fuori piano piano è stata la volta dell’accettazione di essere forte.
Certo, non è finita, forse non lo sarà mai.
Sono convinta che qui sta il punto per molte donne. E’ una parola che il femminismo ha subito scoperto. Come dicevano le donne di Noi e il nostro corpo:
“Immaginate una donna che cerchi di fare un lavoro e di avere un rapporto paritetico e soddisfacente con altre persone, ma intanto si sente fisicamente debole perchè non ha mai accettato di essere forte; esaurisce tutta la sua energia cercando di cambiare faccia, figura, capelli, odore, cercando di uniformarsi a qualche modello ideale stabilito dalle riviste, film, televisione; si sente disorientata e si vergogna del sangue mestruale che ogni mese fluisce da qualche oscuro recesso del suo corpo; sente i processi interni al suo corpo come un mistero che viene a galla, solo come un fastidio; non capisce o non le piace il sesso e concentra le sue energia sessuali in romantiche fantasie senza scopo, stra-prevedendo e facendo cattivo uso della sua potenziale energia perchè è stata educata a negarla.
Se impariamo a capire, ad accettare, ad essere responsabili della nostra identità fisica, possiamo liberarci da alcune di queste preoccupazioni e possiamo cominciare a fare uso delle nostre energie disinibite. L’immagine che abbiamo di noi stesse avrà una base più solida, saremo migliori come amiche e come amanti, come persone; avremo più fiducia in noi, più autonomia, più forza, saremo più complete“. Marzo 1973
Sara Pollice
opera di Mary Beth Edelson, acrilico su legno, fili e conchiglie, 1973