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194: nessuna, nessuno mi può giudicare


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di Pina Nuzzo

Storicizzare aiuta a leggere il presente. Ricordo che alle elezioni politiche del 2008 Giuliano Ferrara lanciò una crociata contro la 194, più precisamente sferrò un attacco violento all’autodeterminazione e presentò una lista Pro life. Secondo un sondaggio Ipsos commissionato dal Foglio, prima delle elezioni, alla domanda “ritiene corretto introdurre nella politica italiana un partito con queste finalità”, il 6 per cento degli intervistati aveva dichiarato che “è molto utile”, l’11 per cento “abbastanza utile”. I risultati elettorali, però, non risposero alle  aspettative.  Come ebbe a dire lo stesso Ferrara: “Al mio grido di dolore su un tema drammatico e vero, gli italiani hanno risposto con una sonora pernacchia. Il partito Pro life è allo 0,00 qualcosa. Praticamente impercettibile. Una catastrofe“. Per la cronaca quelle furono le elezioni in cui Prodi vinse di stretta misura. Anche a sinistra molti e molte si stupirono del risultato di quella lista che invece avevano temuto; bruciava ancora la sconfitta e la scarsa partecipazione al referendum sulla legge 40 (Procreazione Medicalmente Assistita). Ma sia l’una che l’altra vicenda dimostrano che certe questioni non si possono affrontare in modo ideologico.

E’ un fatto; sull’autodeterminazione nessuna è disposta a negoziare. Allo stesso tempo è diffuso  il timore che si possa mettere  mano alla 194 perché sappiamo, senza ombra di dubbio, che sarebbe a nostro svantaggio. In assenza di un reale movimento di donne ci attestiamo sulla difensiva e sul passato. Ma per quanto ancora?

Di questa legge, intanto, bisogna averne cura, bisogna sottrarla alla propaganda e alle strumentalizzazioni. Parliamone, discutiamone, ma non è necessario supportare le considerazioni politiche con l’esposizione personale, è sufficiente ricordare che ogni donna è sovrana delle sue decisioni e  nessuna, nessuno la può giudicare.

L’attuale polemica sul cimitero dei non nati di Firenze, fa miseria, lascia nell’ombra i nodi irrisolti e i responsabili della mala applicazione della 194, per esempio le Regioni. Non mi pare che partiti o istituzioni, in tutti questi anni, abbiano fatto a gara per affrontare  la massiccia obiezione di coscienza negli ospedali pubblici.  Per non parlare del ruolo e del funzionamento dei consultori…rimane, poi,  sottotraccia qualunque discorso sulla contraccezione e sulle malattie trasmesse  sessualmente. E questo non è un problema solo delle strutture pubbliche, ci tocca da vicino, come madri, come figlie, come amiche, come donne che fanno politica. Come si fa a pensare e a fare insieme?

Può essere utile riproporre l’appello collettivo, intitolato il primato della madre? Diceva: “Daremo un Sì convinto ai quattro referendum sulla legge riguardo alla fecondazione assistita. Le ragioni che li motivano le abbiamo maturate non da ora, ma nel percorso politico con le donne, iniziato con la riflessione su aborto e sessualità femminile. Rifiutiamo la logica proibizionista di una legge costruita su divieti ed obblighi, senza rispetto della salute, prima di tutto delle donne. Non pensiamo che l’assenza di divieto sancisca di per sé un diritto al figlio. Mettere un divieto per contrastare la traduzione in diritto di desideri (presunti) illimitati non fa che confermare, rovesciandola, la logica dei diritti. Ci interessa invece tenere aperto lo scarto incolmabile fra i desideri e i diritti. Lo scenario tecnologico inquieta noi, come tanti uomini e tante donne. Ed avvertiamo il bisogno di un discorso che ricomponga la frantumazione dei processi riproduttivi indotta dalle tecnologie, che dia un senso al materiale biologico separato dai corpi viventi. Uova, spermatozoi, zigoti, embrioni popolano ormai l’immaginario collettivo come fossero dotati di autonomia, una volta separati dai corpi. Per questo non serve, anzi fa danno, l’appello a valori astratti e inconciliabili: da un lato l’intangibilità del progresso tecnologico, dall’altro la sacralità del concepito e della famiglia biologica. Entrambe le posizioni non mettono in questione il riduzionismo biologico che è il risultato più evidente e problematico dei processi tecnologici. La conferma più vistosa di questo sono le dispute ontologiche sull’embrione e l’ostinato silenzio sulla madre. L’idea che l’embrione possa essere “persona”, o semplicemente essere, a prescindere da una donna che lo accetti dentro di sé è un cattivo sogno di uomini che da sempre si dibattono per liberarsi da questa dipendenza originaria. Senza la madre non vi è “vita”, neppure biologica, che possa svilupparsi, né alcun diritto da rivendicare a cominciare da quello a nascere. Se è vero che la tecnica fa scomparire i corpi nell’atto del concepimento, tuttavia non può fare a meno dell’opera della madre.” LEGGI TUTTO

Volendo, i fili da intrecciare sono tanti, certo ci vuole pazienza,  tempo e passione.

l’immagine è un’opera di Harmon-Wind Dance-20×20

2 commenti su “194: nessuna, nessuno mi può giudicare

  1. Pingback: Se 194 torte in faccia sono poche. | SUD DE-GENERE

  2. Giusi Ambrosio
    13 novembre 2013

    Senza alcun dubbio condivido quanto affermato in questo articolo e mi sento di esprimere tutta la mia preoccupazione per quanto può ancora avvenire nella nostra società in disprezzo del corpo della madre come donatrice di vita e di senso.
    I nemici delle donne infatti hanno promosso e promuovono iniziative tutte tese a negare il valore della madre nel sostenere LA VITA. La vita però è un principio enunciato non una realtà concreta ; la realtà non è la vita in sè ma il vivente, pianta, animale, essere umano. Nella specie umana che può sottrarsi al determinismo e all’inconsapevolezza biologica della generazione, la difesa del vivente parte dal diritto di colei che rende possibile il venire al mondo, con l’accettazione di un mutamento del proprio essere e la gioia del poter accogliere un altro essere. E’ inizio di una prima relazione non violenta.

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Questa voce è stata pubblicata il 11 novembre 2013 da in aborto, femminismo, politica con tag , , .

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